Di cosa parla La ragazza del passato di Amy Gentry
Brava Amy Gentry! Bell’esordio quello con il libro La ragazza del passato, per una scrittrice novizia che non è affatto profana, avendo masticato da sempre letture e giudizi, dal momento che ha collaborato a rubriche librarie di diversi periodici americani.
E che storia intrigante e originale quella che la giovane autrice di Austin-Texas ha sviluppato nel thriller La ragazza del passato, collana Narratori Moderni della casa editrice Garzanti (giugno 2017, 240 pagine, 16,90 euro).
Secondo le statistiche USA, la maggior parte dei bambini scomparsi è rapita da qualcuno che conosce. Ma Julie, la figlia tredicenne di Anna e Tom, è stata portata via da uno sconosciuto, a Houston. Sempre le statistiche segnalano che quasi tutti i rapitori cercano di attirare le vittime in auto.
La ragazzina invece è stata prelevata dalla sua cameretta, in piena notte, sotto la minaccia di un lungo coltello, mentre i genitori dormivano e la sorellina minore Jane assisteva alla scena nascosta in un guardaroba.
Secondo i grandi numeri, tre quarti dei malcapitati vengono uccisi entro le prime tre ore. Sono grosso modo quelle che Jane ha trascorso dentro l’armadio, tendendo fede al messaggio silenzioso (“zitta!”) trasmessole furtivamente da Julie. Solo dopo quel tempo fatidico, Tom e Anna sono stati svegliati dai singhiozzi della piccola.
È stato così che hanno perso due figlie: una sparita da otto anni, l’altra segnata, incostante, ribelle, che ora frequenta l’università a Washington.
È anche imprevedibile. Li ha sorpresi con un rientro a Wordsworth fuori programma, eppure Jane non era tornata dal college il Giorno del Ringraziamento, non li aveva raggiunti nemmeno per Natale.
Stanno per mettersi a tavola, quando qualcuno bussa alla porta. Anna va ad aprire. Si trova davanti una ragazza: capelli biondi, un viso giovane e vecchio insieme, la pelle cinerea tesa sugli zigomi arrossati, cerchi scuri intorno agli occhi. Indossa jeans consunti, stracciati alle ginocchia, una maglietta sbrindellata. È scalza. Si affloscia sullo zerbino.
Anna si sente annebbiata, assiste passivamente all’abbraccio del marito alla giovane: “Julie, Julie, Julie”.
Le ventiquattro ore successive sono diametralmente simili a quelle trascorse otto anni prima. Via vai, confusione, polizia, medici. Julie è sfinita, disidratata. Non mangia da giorni, ma non è ferita, malata o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.
Ogni giorno, ogni notte, per tutti quegli anni Anna ha sognato il ritorno della figlia, ma non si aspettava “questo” ritorno. Dopo tanto tempo, la presenza di due ragazze in casa non le sembra naturale e non si perdona lo spaesamento che prova. Né avrebbe mai immaginato lo sgomento davanti alle dichiarazioni di Julie.
Era stata trascinata via, portata in un motel. Legata. Violentata.
Quello aveva rubato una macchina, poi un furgone. A El Paso l’aveva venduta a cinque uomini. E ognuno di quegli uomini…? “Ovvio”. Alcuni si esprimevano in spagnolo, ma in generale parlavano poco. Appena un paio di giorni appresso, era stata ceduta di nuovo. Questa volta a un tipo ricco e importante, El Jefe, il Capo. Aveva una casa gigantesca, una specie di complesso residenziale pieno di servitù e guardie del corpo armate. Non è mai uscita. Per otto anni.
Sembra sciorinare la trama di un telefilm poco avvincente. Le hanno inflitto bruciature di sigaretta ogni volta che ha cercato di scappare. Anni di stupri, fin quando è stata considerata troppo vecchia, una volta raggiunti i vent’anni. La guardia incaricata di ucciderla l’ha lasciata andare.
Questo il racconto di una sorprendentemente serena Julie. Fin troppo distaccata. Secondo gli agenti va mandata in cura da uno psicoterapeuta.
Chi è scossa è la madre. La ragazza la manda in confusione. E poi Julie nasconde un cellulare privato, tiene celato il nome di un certo Cal, non ha parlato di un amore, non ha detto di uno stato interessante. Ma almeno questo alla mamma non sfugge. Un aborto, altro che cisti ovariche, come fanno credere a Tom.
Che il racconto di Julie sia vero o meno, certo ha vissuto un’esperienza terribile, ma la bravura di Amy Gentry sta nel farci pendere dalla parte della mamma, che guarda senza sollievo la sua ragazza ritrovata. Eppure aveva perso ogni speranza: una volta avrebbe voluto dare il mondo alla piccola Julie, a quel punto le sarebbe bastato avere “qualcosa” da seppellire, una tomba su cui piangere.
Adesso, dopo otto anni di dolore quotidiano, invece di conforto prova inquietudine, disorientamento.
Anche Jane, non è che sia una santerellina!
L’autrice Amy Gentry è molto brava a condurre il filo di un racconto costantemente teso, psicologicamente evoluto, in cui le vittime non sembrano solo vittime e chi più si interroga più riuscirà ad avvicinarsi alla verità. O quasi.
Chi è Julie? Cos’è stata? Cos’è diventata?
Queste sono le domande che vengono in mente leggendo La ragazza del passato.
Recensione scritta da Massimo Valenti