Trama e commento del libro Sigismondo e Isotta di Maria Cristina Maselli
Paolo e Francesca, poi Sigismondo e Isotta, quante storie d’amore tra i discendenti di Malatesta il Centenario, il Mastin Vecchio per Dante. Clandestina e sventurata la prima coppia, tenera e ufficiale la seconda, duecento anni dopo.
Ed è in modo tenero e affettuoso che questa liaison storica viene raccontata in un romanzo di storia e d’amore, il primo di Maria Cristina Maselli. Il titolo è Sigismondo e Isotta, lo ha pubblicato Piemme, a marzo 2018 (612 pagine 20 euro).
“Non ho scelto, sono stata scelta”, sostiene la neo scrittrice. Sono stati i protagonisti, le vicende, i luoghi in cui si sono svolte a chiamarla, letteralmente.
Bolognese, autrice televisiva di programmi di prima fascia della Rai, è a sua volta innamorata della storia che ha voluto raccontare.
La consuetudine di trascorrere l’estate nella Romagna collinare l’ha condotta a Montefiore Conca, in una casetta davanti all’imponente Rocca Malatestiana locale.
Sensibile alla storia dell’antica Signoria riminese, ha preso ad appassionarsi alle figure femminili della dinastia romagnola, incontrando in particolare Isotta degli Atti, cara tra gli altri anche a Gabriele D’Annunzio, amante prima e poi moglie di Sigismondo Pandolfo, signore di Rimini nel XV secolo.
Galeotto per Maria Cristina Maselli è stato il Tempio Malatestiano. Il definitivo innamoramento è avvenuto nella penombra della piccola chiesa che proprio Sigismondo volle far trasformare in splendida basilica. È lì ch’è sepolto con Isotta.
Entrata in un giorno d’estate in quel luogo unico e sorprendente, Maselli vi ha percepito intatta dopo seicento anni l’intensità del legame dei due amanti e ha capito che non avrebbe avuto pace finché non fosse riuscita a ridargli vita in qualche modo.
I luoghi contano, tanto nell’ispirazione dell’autrice che nella vicenda storica e nel romanzo. Le piazze, le vie, il “Duomo”, come lo chiamano a Rimini, i palazzi d’epoca, sono quelli cui si sono mossi i personaggi di questo libro appassionato e appassionante.
È per strada che nel 1437 avviene l’incontro fortuito e veloce col cavaliere, che rientra stanco da Bologna. Isotta è uscita con la governante per raccogliere fiori vicino al fiume. L’aitante armato rallenta, per evitare che il cavallo o la lunga spada possano ferire le due passanti. Fissa il volto della più giovane e dopo i giorni trascorsi sul campo di battaglia quegli occhi pieni di innocenza e candore gli danno sollievo. Lei non riesce a staccarli, fissando ammirata il Signore di Rimini.
Non è una ragazza quella che sta andando a cogliere fiori d’inverno sulle rive del Marecchia, è una bambina. Ha solo cinque anni. Il padre, Francesco degli Atti, agiato mercante e cambiavalute, diventerà consulente economico dei Malatesta. Sarà attraverso il genitore, introdotto nei palazzi della Signoria, che a undici anni la piccola invierà un’ambasceria a Sigismondo: “ditegli che un giorno lo sposerò”.
All’epoca del primo incontro, in via del Rigagnolo, Pandulfino ha vent’anni e già da cinque amministra il territorio, in coppia col fratello Domenico, dopo la morte nel 1432 del Signore in carica, il fratellastro Galeotto Roberto. Condottiero per mestiere ereditario, il Signore ragazzo è Capitano generale dell’esercito di papa Eugenio IV. Lo stesso pontefice ha promesso di dividere i ruoli dei due fratelli, che reggono insieme la Romagna (allora comprendeva le Marche settentrionali). A Domenico dovrebbero toccare Cesena, Bertinoro, Meldola e Cervia. All’altro andrebbero Rimini e Fano.
Sempre nel 1437, Sigismondo è sposato da quattro anni con la lentigginosa, apatica e pudica Ginevra d’Este, figlia del Marchese di Ferrara. Matrimonio di convenienza, senza passione. Hanno perso un figlio di poco più di un anno. La peste non faceva sconti nemmeno ai potenti.
Il giovin Signore prende in seconde nozze la milanese Polissena Sforza, figlia di Francesco. Altre nozze tra Signorie. Altro bimbo perso per Sigismondo Pandolfo Malatesta.
Non che non abbia figli. Le amanti non gli mancano, in particolare Vannetta de’ Foschi, ma la mancanza di eredi legittimi lo angustia al pari delle inquiete e mutevoli alleanze, dei continui conflitti e di quello eterno col vicino e rivale Federico da Montefeltro, Signore di Urbino e Pesaro.
Isotta ha dodici anni quando Sigismondo si reca a casa del suo consigliere, Francesco doli Atti. Avvicinandosi alla Grillanda, residenza della famiglia, il Signore è incuriosito da un brillio di luce negli occhi. Qualcuno da una finestra ha diretto verso di lui un raggio del sole autunnale. Impulsivo come sempre, il ventisettenne è irritato da quello che considera uno sgarbo ed è deciso a chiedere di punire il colpevole della molesta condotta, abbassatosi intanto ben al di sotto del davanzale, per sottrarsi agli sguardi dall’esterno.
Quando Isotta si risolleva sul panchetto, certa che nessuno possa guardare più verso il vetro, ritrova lo sguardo di Sigismondo. La rabbia sfuma davanti agli occhi verdi della fanciulla, in cui riconosce la piccola che tanto lo aveva intenerito. Il grande amore raccontato in questo romanzo nasce da un piccolo cuore…
Recensione scritta da Massimo Valenti
[amazon_link asins=’B07B3RLRHD’ template=’ProductGrid’ store=’recenslibroit-21′ marketplace=’IT’ link_id=’abc1c746-5e53-11e8-b008-6f419b31680f’]