Di cosa parla “Taccuino Libanese” di Simonetta Angelo Comneno
“Taccuino Libanese” di Simonetta Angelo Comneno è un libro autobiografico molto interessante, in cui la scrittrice si racconta attraverso il suo viaggio fisico e mentale in un paese diverso dall’Italia, con una cultura quasi opposta alla nostra, che proprio per questo acquisisce fascino ai suoi occhi.
Nel libro la scrittrice Simonetta Angelo Comneno parla di se stessa e della sua famiglia, del luogo che ha lasciato e di quello che l’ha ospitata, di un mondo che fino a un attimo prima le era appartenuto e di quello che, sconosciuto, la intriga e le mostra qualcosa di sé che neanche immaginava.
“Taccuino Libanese” è un libro bello, proprio perché la scrittrice ci mostra il Libano con i suoi occhi, attraverso uno sguardo pieno d’amore, sia per questa terra ricca di contraddizioni che per il marito, il motivo che l’ha attirata fino a lì.
Quando Simonetta Angelo Comneno decide di seguire il suo uomo in Libano e sposarlo, suo padre non si oppone, ma le consiglia di andare prima a vedere se quel luogo, che dovrà diventare la sua casa, le piace. E lei quando supera il confine resta imbrigliata nelle reti del Libano, così aperto alle novità, tanto da farla sentire al posto giusto; sapeva che lì si sarebbe trovata bene.
Certo nei ricordi raccolti nel libro “Taccuino Libanese” c’è posto anche per le difficoltà, per il dolore, la guerra, sentimenti che Simonetta Angelo Comneno affronta sin da subito, guardando da molto vicino un tentativo di colpo di Stato siriano, ospitando un parente in fuga dalla polizia militare perché accusato di aver partecipato al tentativo di colpo di Stato e altro ancora.
Leggendo il libro “Taccuino Libanese” si ha l’impressione di curiosare tra i ricordi della scrittrice, che mostra tutta la sua vita trascorsa in Libano raccontandocela con purezza, senza celare momenti della sua esistenza, volendo condividere. Così il lettore si trova al suo fianco quando partorisce, mentre insegna alle sue ragazze, mentre cresce diventando donna e sentendo la mancanza della sua famiglia, ma non potendo fare a meno di quel luogo.